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Francesco: "Dio è più grande della malvagità e dei giochi sporchi fatti dagli esseri umani"

“Se si perde la dimensione del servizio, il potere si trasforma in arroganza e diventa dominio e sopraffazione”.

Francesco: "Dio è più grande della malvagità e dei giochi sporchi fatti dagli esseri umani"

“La ricchezza e il potere sono realtà che possono essere buone e utili al bene comune, se messe al servizio dei poveri e di tutti, con giustizia e carità. Ma quando, come troppo spesso avviene, vengono vissute come privilegio, con egoismo e prepotenza, si trasformano in strumenti di corruzione e morte”. È l’ammonimento con il quale il Papa ha cominciato la catechesi dell’udienza generale di oggi, nella quale, proseguendo le catechesi sulla misericordia nella Sacra Scrittura, si è soffermato sui “passi” di quest’ultima in cui “si parla si parla dei potenti, dei re, degli uomini che stanno in alto, e anche della loro arroganza e dei loro soprusi”. Il passo scelto è l’episodio della vigna di Nabot, descritto nel Primo Libro dei Re, in cui “si racconta che il re d’Israele, Acab, vuole comprare la vigna di un uomo di nome Nabot, perché questa vigna confina con il palazzo reale”. Ma “la terra è sacra, perché è un dono del Signore, che come tale va custodito e conservato, in quanto segno della benedizione divina che passa di generazione in generazione e garanzia di dignità per tutti”, ha ricordato Francesco, e così Nabot si rifiuta di cedere al re la sua terra. Acab, da parte sua, “reagisce a questo rifiuto con amarezza e sdegno”: “Si sente offeso, sminuito nella sua autorità di sovrano, e frustrato nella possibilità di soddisfare il suo desiderio di possesso”. Così sua moglie Gezabele – “non era brutta, ma era cattiva”, le parole a braccio del Papa, “sentite la cattiveria che è dietro questa donna” – dice al re: “Te la farò avere io la vigna di Nabot di Izreel”, ponendo l’accento “sul prestigio e sul potere del re, un potere che lei invece considera assoluto, e per il quale ogni desiderio diventa un ordine”.

“Se si perde la dimensione del servizio, il potere si trasforma in arroganza e diventa dominio e sopraffazione”. Così il Papa, nella catechesi odierna, ha sintetizzato “ciò che accade nell’episodio della vigna di Nabot”, quando “Gezabele, in modo spregiudicato, decide di eliminare Nabot e mette in opera il suo piano”. La regina, ha commentato Francesco, “si serve delle apparenze menzognere di una legalità perversa: spedisce, a nome del re, delle lettere agli anziani e ai notabili della città ordinando che dei falsi testimoni accusino pubblicamente Nabot di avere maledetto Dio e il re, un crimine da punire con la morte. Così, morto Nabot, il re può impadronirsi della sua vigna”. Gesù, al contrario, capovolge e sconfessa la legge del più forte, ha ricordato il Papa citando il Vangelo di Matteo: “Voi sapete che i governanti delle nazioni dominano su di esse e i capi le opprimono. Tra voi non sarà così, ma chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore e chi vuole essere il primo tra voi, sarà vostro schiavo. Così finisce la storia: Nabot è morto e il re può impadronirsi della vigna”.Quella narrata nella Bibbia “non è la storia di altri tempi, è la storia di oggi, la storia dei potenti che per avere più soldi sfruttano i poveri, sfruttano la gente”. “È la storia – ha proseguito Francesco sempre a braccio – della tratta delle persone, del lavoro schiavo, della povera gente che lavora in nero, con il minimo, per arricchire i potenti. È la storia dei politici corrotti, che vogliono più e più e più…”. “Il grande Sant’Ambrogio – ha ricordato il Papa fuori testo – ha scritto in piccolo libro su questo episodio, si chiama ‘Nabot’, che è un libro di attualità, un libro molto bello e molto concreto”. “Ci farà bene leggerlo in questo tempo di Quaresima”, l’invito del Papa ai circa 20mila fedeli presenti oggi in piazza San Pietro.

“Ecco dove porta l’esercizio di un’autorità senza rispetto per la vita, senza giustizia, senza misericordia. Ed ecco a cosa porta la sete di potere: diventa cupidigia che vuole possedere tutto”. “Un testo del profeta Isaia è particolarmente illuminante al riguardo”, ha ricordato Francesco: “In esso, il Signore mette in guardia contro l’avidità i ricchi latifondisti che vogliono possedere sempre più case e terreni”. Poi le parole del profeta: “Guai a voi, che aggiungete casa a casa e unite campo a campo, finché non vi sia più spazio, e così restate soli ad abitare nel paese”. “E il profeta Isaia non era comunista”, ha commentato il Papa a braccio.

“Dio è più grande della malvagità e dei giochi sporchi fatti dagli esseri umani” - ha detto Francesco. “Che bello sarebbe che i potenti, gli sfruttatori di oggi, facessero lo stesso, facessero come Acab!”, ha esclamato Francesco sempre a braccio, attualizzando ancora una volta l’episodio biblico. “Il Signore accetta il suo pentimento”, ma “un innocente è stato ucciso, e la colpa commessa avrà inevitabili conseguenze”, ha commentato il Papa: “Il male compiuto lascia le sue tracce dolorose, e la storia degli uomini ne porta le ferite”.

La misericordia è “la via maestra che deve essere perseguita”, perché “può guarire le ferite e può cambiare la storia”. Papa Francesco ha ribadito che “la misericordia divina è più forte del peccato degli uomini”. “Gesù Cristo è il vero re, ma il suo potere è completamente diverso”, ha ricordato Francesco: “Il suo trono è la croce. Lui non è un re che uccide, ma al contrario dà la vita. Il suo andare verso tutti, soprattutto i più deboli, sconfigge la solitudine e il destino di morte a cui conduce il peccato. Con la sua vicinanza e tenerezza porta i peccatori nello spazio della grazia e del perdono”. “E questa è la misericordia”, ha concluso a braccio citando il tema dell’anno giubilare.

Fonte: Sir
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