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Sud Sudan, nel cuore della guerra un villaggio di pace

Monsignor Paride Taban è il vescovo emerito della diocesi sudsudanese di Torit, ha 79 anni. Sua l’idea di costruire una luogo in cui le famiglie potessero vivere insieme, senza divisioni e in amicizia. La scelta è caduta su Kuron, in Equatoria orientale, nei pressi del confine sudest del Paese. Un sogno diventato realtà e un esempio per la futura convivenza.

Sud Sudan, nel cuore della guerra un villaggio di pace

A un Paese tormentato dai conflitti ha voluto offrire un esempio di pace. Monsignor Paride Taban è il vescovo emerito della diocesi sudsudanese di Torit, ha 79 anni. Nel corso della sua vita, quello che oggi è il Sud Sudan ha attraversato tre grandi guerre civili: due tra il governo di Khartoum, capitale del Sudan allora unito, e i combattenti indipendentisti (1955-1972 e 1983-2005) e una che, dopo la nascita della nuova nazione con capitale Juba, continua ad opporre le truppe fedeli al presidente sudsudanese Salva Kiir ai ribelli guidati dal suo ex vice, Riek Machar. Ma mons. Taban non si è mai rassegnato alla prospettiva della divisione permanente. Fonti d’ispirazione. “Fin dai tempi del colonialismo - ragiona - il Sudan meridionale è stato sfruttato usando la logica del divide et impera, del tribalismo, e anche la guerra attuale ne risente. Quindi se vogliamo farla finita col conflitto, dobbiamo creare un posto dove tutti possano vivere come una sola comunità, un’unica famiglia”. Dal 2005 questo luogo, in effetti, esiste, per iniziativa dello stesso vescovo: è il ‘villaggio della pace’ di Kuron, in Equatoria orientale, nei pressi del confine sudest del Paese. L’ispirazione è la comunità dove lo stesso mons. Taban è nato e cresciuto: “Ci vivevano famiglie provenienti da ogni parte del Sudan, non sapevamo neanche cosa fosse il tribalismo. - ricorda oggi il presule - Così durante la guerra contro il regime di Khartoum ho deciso che, se un giorno si fosse arrivati a firmare un armistizio, avrei lasciato il mio incarico per creare anch’io un villaggio della pace”. La conferma che il progetto fosse realizzabile arrivò qualche anno più tardi, durante un pellegrinaggio in Terrasanta e una visita alla località di Nevé Shalom (o, in arabo, Wahat as-Salam): una “oasi di pace”, come recita il suo nome, con lo scopo di tenere insieme famiglie che non vogliono essere divise dal conflitto mediorientale. “Israeliani e palestinesi, cristiani, ebrei e musulmani hanno creato un insediamento fondato sul principio della cooperazione. - ricorda mons. Taban - È stato un modello per me quando finalmente, nel 2005 si è arrivati all’accordo di pace in Sudan: allora, come mi ero ripromesso, ho chiesto a papa Giovanni Paolo II di essere messo a riposo, e lui me lo ha concesso”. Incrocio di culture. Niente, nella genesi di Kuron, è stato casuale, neanche la scelta del luogo dove farlo sorgere. Quell’angolo di Equatoria orientale, infatti, è un punto d’incrocio naturale per molte popolazioni. “È vicino all’Etiopia, nei pressi del Nilo Superiore e anche i pastori Turkana del Kenya e Karimojong dell’Uganda sono sempre arrivati qui durante la stagione del pascolo”, nota il vescovo. La convivenza non sempre risultava facile, le razzie contro le mandrie altrui erano frequenti: anche per questo, racconta mons. Taban, si è cercato di fornire, attraverso la creazione di un programma agricolo, imperniato su alcune nuove fattorie, una possibile alternativa economica per gli abitanti del luogo. Fino a quel momento avevano vissuto solo vendendo latte o bestiame. In seguito, sono nate una scuola e una clinica: senza cibo, senza una qualità della vita accettabile, è la convinzione di mons. Taban, è impossibile parlare di pace e avviare iniziative concrete, che possono passare anche da gesti e da pratiche semplici, come lo sport. “Persino il calcio ci ha aiutato a dar vita a una cultura della pace: giovani di diverse popolazioni che depredavano le greggi altrui, si sono trovati a gareggiare insieme e persone che prima si chiamavano “nemici” ora si definiscono fratelli, al punto che grazie ad un ex generale kenyano abbiamo insegnato loro ad occuparsi, come una polizia locale, della stessa sicurezza del villaggio”, testimonia il vescovo. Che non perde la speranza neanche nel mezzo del conflitto ancora in corso, in ore in cui il governo ha accettato di ratificare formalmente l’accordo di pace appena concordato, dopo mesi di trattative, ad Addis Abeba. Mons. Taban, che nella capitale etiope era presente, vuole anzi rilanciare il suo ideale di convivenza. In coincidenza col decimo anniversario del ‘villaggio della pace’, specifica, “è stata convocata una conferenza di donatori: il progetto è quello di far nascere a Kuron un’accademia della pace”, che aiuti il Paese a ripartire dopo l’ennesimo conflitto.

Fonte: Sir
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