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Ecco l'agricoltura 4.0

Agricoltore sì, ma anche esperto di finanza, di meccanica, di informatica, di chimica…

Ecco l'agricoltura 4.0

L’immagine del contadino in maniche di camicia immerso in un paesaggio bucolico e con la falce in mano, è da consegnare rapidamente all’oleografia tradizionale. E da cambiare con un professionista con competenze miste: agricoltore ma anche esperto di finanza, di meccanica, di informatica, di chimica…
È l’agricoltura 4.0; sarà lo standard per tutti nel giro di breve tempo. Già alcune grandi aziende agricole italiane (quelle con più di mille ettari di proprietà: una normalità ovunque, meno in Italia dove la proprietà media supera appena i 7 ettari) si stanno dotando di tutte le tecniche e le tecnologie per lavorare al meglio i terreni: minor spesa, miglior resa.
A cominciare dalla terra. Viene monitorata, radiografata. Carotaggi, analisi chimiche sulla sua composizione, sulla quantità di nutrienti presenti: così si può capire di che tipo sia precisamente quell’humus, di quali e quanti fertilizzanti necessiti, quali varietà siano le migliori da coltivare. È evidente che un simile lavoro – in cui chimica e tecnologia si danno a braccetto – garantisce appunto il migliore sfruttamento delle proprietà, ai costi più bassi.
Quindi l’utilizzo di macchinari sempre più potenti e sofisticati per tutte le varie fasi della coltivazione: dalla lavorazione dei terreni fino alla raccolta, fatta in modo tale che i prodotti passino dalla terra al consumo nelle modalità più appropriate e in tempi brevissimi. Il tutto, con un impiego di manodopera limitata al minimo: droni sorvolano le proprietà per valutare il grado di maturazione; grandi macchinari vengono guidati o da una sola persona, o da nessuno: la guida telecomandata è ormai alle porte.
L’irrigazione è ormai già da tempo dentro l’agricoltura 4.0, grazie soprattutto alle sperimentazioni israeliane e poi spagnole, alla capacità cioè di utilizzare la poca acqua al massimo delle sue potenzialità. Gli scarti alimentano centrali a biomasse, quindi la produzione di calore ed energia elettrica; i sistemi di refrigerazione permettono livelli di conservazione impensabili fino a pochi anni fa; c’è chi installa sistemi operativi che permettono di lavorare il prodotto in tutte le gamme possibili, accrescendo di molto il valore della materia prima: un conto è il cespo di cicoria raccolto uno ad uno dall’ortolano, un altro è la vaschetta dove la stessa cicoria esce già preparata, pulita, porzionata, pronta al consumo.
L’unica barriera ad un’agricoltura che non sia residuale a livello economico e scarsamente profittevole, è data appunto dalle dimensioni aziendali: tutto ciò abbisogna di investimenti ingenti che hanno senso quando appunto gli ettari coltivati sono tanti, non il campetto lasciato in eredità dal nonno. Quello appunto fa tanto “giovane che ritorna all’agricoltura”, salvo scoprire che il campetto – così com’è – fa spendere più che guadagnare.
Può piacere o meno l’irrorazione aerea di anti-parassitari tramite droni: ma chi lo fa, mette fuori mercato gli altri. Quindi progresso 1, passatismo 0 nell’agricoltura 4.0.

Fonte: Sir
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