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DDL Zan: così non funziona

Premesso che ogni discriminazione, ogni offesa, ogni degradazione irrispettosa verso un individuo per i suoi orientamenti sessuali, come per qualsiasi altra ragione, va combattuta, vero è che nessun liberale può tollerare che la difesa degli omosessuali e transessuali comporti l’istituzione di un nuovo reato di opinione per di più formulato in maniera talmente generica e incerta da poter colpire, punire o intimidire chiunque esprima semplici opinioni in materia di sessualità di carattere scientifico, filosofico, antropologico o religioso

DDL Zan: così non funziona

In questo Paese è facile dirsi liberali, ma lo è meno esserlo davvero. Ancor più facile è farsi una bella fotografia con la mano aperta da pubblicare sui social per sostenere un disegno di legge che magari nemmeno si è letto, ma che, raccogliendo tanti “like”, conviene sostenere. Poco importa, poi, se quel Ddl, nello specifico il c.d. “Ddl Zan” dal nome del deputato promotore, rappresenta un progetto illiberale, apparentemente orientato a obiettivi liberali, come la lotta alle discriminazioni e le violenze ai danni delle persone omo o trans-sessuali. Premesso che ogni discriminazione, ogni offesa, ogni degradazione irrispettosa verso un individuo per i suoi orientamenti sessuali, come per qualsiasi altra ragione, va combattuta, vero è che nessun liberale può tollerare che la difesa degli omosessuali e transessuali comporti l’istituzione di un nuovo reato di opinione per di più formulato in maniera talmente generica e incerta – con valutazioni lasciate caso per caso alla sensibilità del singolo giudice - da poter colpire, punire o intimidire chiunque esprima semplici opinioni in materia di sessualità di carattere scientifico, filosofico, antropologico o religioso. Nessun liberale può poi accettare che alcuni cittadini, da discriminati e ingiuriati, diventino, in forza di una legge, soggetti di diritti a una protezione speciale che ne faccia una categoria privilegiata di cittadini. Da una parte si chiede un trattamento “normale” da parte della comunità e dall’altra li si discrimina per… tutelarli. Dulcis in fundo, come si può accettare l’introduzione attraverso una legge di un’ideologia come quella del “gender” che prevede finanche di spiegarne il significato anche ai bambini delle elementari (art. 6 del Ddl), ponendoli di fronte a problemi e addirittura a scelte per i quali non sono maturi e da cui possono subire danni psicologici duraturi? Eppure sarebbero proprio queste le conseguenze a cui si andrebbe incontro se il disegno di legge Zan fosse approvato anche dal Senato, acquistando forza di legge. Per non parlare poi delle conseguenze dell’articolo 1 del Ddl Zan in cui appaiono delle “definizioni” che affermano esplicitamente una netta separazione tra “sesso” biologico da una parte e  “orientamento sessuale” e “identità di genere” dall’altra. Si aprirebbe così un vulnus gravissimo nell’ordinamento e nella società. Appare chiara infatti sin dall’articolo 1 del disegno di legge la volontà di privilegiare l’autodeterminazione della persona, e cioè la percezione sessuale che si ha di sè in un dato momento, rispetto al dato biologico nel definire l’orientamento sessuale e l’identità di genere. Le stesse associazioni del mondo femminista italiano avvertono delle conseguenze che si avrebbero, ad esempio, dal punto di vista della privacy e della sicurezza sessuale. Basti pensare che in California 250 detenuti che “si percepiscono donne” hanno chiesto il trasferimento in un carcere femminile. Ebbene, voi immaginate cosa potrebbe succedere in Italia anche solo per disciplinare l’ingresso in una toilet? Sarebbe opportuno pensare alle conseguenze di leggi scritte male, i cui effetti possono essere anche peggiori. 

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