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Il cambiamento passa dalle tue mani

Quarantatrè giovani provenienti da Giordania, Palestina, Turchia, Spagna, Italia e Grecia per otto giorni a Mendicino per formarsi al volontariato educativo

Parole chiave: erasmus plus (1)
Il cambiamento passa dalle  tue mani

Oscar, Shahd, Neslihon, Nasam, Rawad, Lory, Ismael, Sofia, Shereen, Emanuele, Athina, Ayse, Hassam, Lisa sono solo alcuni dei nomi dei quarantatrè ragazzi provenienti da sei paesi diversi che hanno preso parte al progetto internazionale di educazione al volontariato promosso nell'ambito dei programmi dell'Unione Europea Erasmus plus con il sostegno dei comuni di Cosenza e Mendicino, l'accoglienza della parrocchia San Nicola di Bari e il patrocinio morale della Rete Italiana Dialogo Euromediterraneo. Nato da un partenariato tra sei organizzazioni sociali più una università che hanno le loro sedi in Palestina, Giordania, Turchia, Grecia, Italia e Spagna, il progetto dal titolo "The change is in our hands" ha avuto la sua parte conclusiva nella struttura adiacente al santuario diocesano di Santa Mara dell'Accoglineza a Mendicino dal 25 agosto al 4 settembre 2016. "Il progetto - ci spiega Giovanni Serra uno dei referenti italiani per la Cooperativa Dignità del Lavoro di Cosenza - ha avuto come obiettivo principale quello di sviluppare tra i giovani l'attitudine al volontariato educativo. Volontariato rivolto alla crescita delle persone, in particolare di bambini e ragazzi".

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La formazione è stata affidata ad un gruppo composto da sei team leader, uno per ogni paese e associazione, formatosi l'anno precedente a Malaga in Spagna. Questi hanno avuto il compito di formare un primo gruppo di volontari nel loro paese di origine e di selezionarne sei, tra quelli più interessati a questo scambio giovanile internazionale, per partecipare all'ultimo step del progetto svoltosi in Italia. Progetto che ha visto impegnate delle associazioni già dedite ad attività educative con il desiderio di aggregare e formare nuove persone capaci di dare così il loro contributo nell'educazione di bambini, ragazzi e giovani. "Il programma del progetto - ci spiega ancora Giovanni Serra - è stato costruito dai responsabili dei sei paesi ed è centrato sulle competenze da acquisire. A questo si aggiungono la bellezza e la diversità dell’altro, frutto dell'esperienza vissuta insieme, che hanno consentito di maturare delle competenze trasversali che sono state una della parte più importanti e belle dell'intero progetto. Si è trattato quindi di un percorso dal punto di vista umano molto divertente e di forte crescita umana e culturale". Crescita umana e culturale che i giovani partecipanti al progetto hanno potuto sviluppare grazie alle attività svolte durante gli otto giorni di "corso". Così la prima giornata è stata dedicata alla costruzione del gruppo, alla conoscenza dei i membri e alla necessità di accettare e conoscere le differenze degli altri. Dalla seconda giornata in poi si è entrati nel cuore delle tematiche del campo con attività dedicate al senso e alle caratteristiche del fare volontariato: perché fare volontariato, come fare volontariato, come attraverso attività di volontariato realizzare e promuovere il cambiamento sociale. Si è poi dedicato largo spazio al tema della comunicazione interpersonale e su come fare in modo di superare i blocchi e vincoli della comunicazione che generano conflitti o che non fanno permettono il loro superamento. "Tutto questo - ci spiega Giovanni - è stato fatto utilizzando la metodologia dell'educazione non formale che non prevede un insegnante che spiega delle cose, ma si basa sulle competenze e sull'esperienza presenti nel gruppo. Così il metodo di lavoro ha previsto delle esercitazioni e discussioni sulle quali si genera un confronto dal quale estrapolare dei concetti comuni". Così dall'educazione dei bambini e a tutte le questioni legate ai loro diritti, si è passati ad analizzare in un confronto sempre vivace, aperto e multiculturale di pregiudizi e discriminazione delle donne e altre tematiche legate suggerite dai diversi contesti vissuti dai partecipanti di tutti i paesi.
Un modo per gettare le basi di quel cambiamento dal basso che, come recita lo slogan del campo, passa sempre dalle nostre mani.

Le testimonianze raccolte dai  partecipanti alla otto giorni  di formazione: Samer (Palestina), Nurgul (Turchia) e Rawad (Giordania) ci hanno raccontato cosa significa essere volontari

Continuare a formarsi, desiderio di conoscere, confrontarsi e viaggiare. Sono state queste le parole più ricorrenti emerse dai racconti di chi ha partecipato al progetto di formazione.
Samer (Palestina).
Cosa ti ha spinto a partecipare?
Intanto ho avuto la possibilità di visitare l’Italia e poi, soprattutto, perché ho avuto l’occasione di conoscere persone di diversa nazionalità e cultura. Ciò mi aiuterà a migliorare le mie capacità e a svilupparne altre divenendo un arricchimento per quello che faccio.
Pensi che questo sia un modello esportabile in Palestina. Quali gli aspetti più significativi?
Vorrei realizzare un programma del genere in Palestina. Possibilmente con gli stessi gruppi e gli stessi paesi. Credo sia importante far conoscere il nostro paese e la nostra cultura e confrontarsi con altri tipi di mentalità. Tutto questo in seguito alle attività che ci sono state perché impari a gestire e a conoscere com’è la vita degli altri paesi.
Quanto è importante conoscersi ed entrare in contatto con altre persone provenienti da altri paesi.
Il mondo alla fine è piccolo. È giusto stare vicino gli uni agli altri. Io trasmetto l’esperienza della Palestina, e quello che viviamo tutti i giorni i nostri problemi e come si può trovare una soluzione. Solo insieme e grazie al confronto ci si può aiutare.
Nurgul (Turchia)
Cosa ti ha spinto a partecipare?
Sono un po’ di anni che va avanti questo progetto e, con la mia associazione ne siamo membri da un anni. Ogni volta però si incontrano persone e culture diverse, per questo è molto importante partecipare a questi periodi di formazione. Si tratta di esperienze importanti e formative.
Lo slogan del progetto è “il cambiamento passa dalle tue mani” cosa significa questo per te?
Far incontrare persone giovani da diversi paesi; è già questo un punto importante di partenza per il cambiamento. Questo è un primo passo importante. Bisogna iniziare da qualche parte, e trovo che questo sia il modo migliore.
Quali sono le esperienze da riportare, cosa state apprendendo in questi giorni?
Attraverso questa educazione non formale acquisti della abilità e capacità non solo di conoscenza di se stessi e degli altri paesi, ma anche abilità culturali e linguistiche. Tutto questo noi lo portiamo nelle nostre realtà e lo comunichiamo agli altri. Poi ti resta nella vita di tutti i giorni e questa esperienza ti rende una persona migliori rendendoti di vedere e affrontare le situazioni della vita e del mondo con occhi nuovi.
Rawad (Giordania)
Cosa ti ha spinto a partecipare?
Sono qui perché ogni opportunità che mi permette di stare con persone di cultura e nazionalità diversa dalla mia sono importanti occasioni di crescita. Avevo bisogno di una spinta ed il fatto di essermi appena laureate in Traduzioni è stata la molla che mi ha fatto decidere di partire.
Quanto è stato difficile e bello convivere e condividere spazi, emozioni, cibo con persone provenienti da altri paesi e con culture diverse?
Mi è piaciuto il clima perchè è molto simile a quello della mia terra. Ottimo il cibo italiano e poi al campo ho trovato ragazzi e persone gentili, attente e disponibili. Non ho avuto nessun tipo di difficoltà.
La cosa più bella che ti porti dietro di questa visita in Italia?
Ho imparato che nella mia vita non deciderò più di fare solo viaggi per visitare grandi città o zone turistiche perché nei piccoli borghi e nelle città meno conosciute si nascondono delle bellezze da vedere. Poi mi hanno molto toccata le attività fatte e mi hanno dato molto. Tutto questo lo porterò sempre con me.

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