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Se l'anno scorso pensavamo di aver toccato il fondo con una retrocessione indecorosa, quest'anno stiamo facendo ancora peggio. Ancora una volta l'appello a Roberto Occhiuzzi: un passo indietro per non bruciarti. 

Nulla di nuovo di quanto sta accadendo sorprende a chi segue il Cosenza calcio. Per l’ennesima stagione consecutiva (la quarta), il Cosenza si ritrova nella parte bassa della classifica, ansimante, alle prese con gli stessi problemi, con la stessa realtà contornata dalle medesime condizioni che ne riproducono ogni anno lo stesso melodramma.

Per il bene di questo Cosenza, dopo l'incredibile ritorno in panchina del tecnico della retrocessione. 

Se il Cosenza si chiude a riccio in difesa, sicuramente non porterà a casa nessun match. Sfruttare le potenzialità offensive per fare paura a tutti in quello che sembra il più difficile dei quattro campionati cadetti disputati dai rossoblù. 

Le difficoltà non mancheranno, ma intanto ci godiamo uno stadio in festa e voglioso di calcio, dove i volti corrucciati di pochi mesi fa stanno lasciando spazio ai sorrisi e alla soddisfazione.

La parola magica è "spendere", in sostanza tirar fuori i quattrini per prendere calciatori migliori di quelli che c'erano nella balorda scorsa stagione e che ci sono adesso.

Bocche cucite da oltre un mese da parte del contestatissimo patròn rossoblù. Cosenza fermo al palo e con un valore che diminuisce ogni giorno di più, le nubi sono dense e nere. 

Il “giù le mani dal calcio” urlato a gran voce dai tifosi, rilanciato da alcuni governi e amplificato dai media, ha portato allo stop del blitz con il quale dodici grandi società calcistiche europee puntavano alla nascita di una Superlega. Quel “calcio dei ricchi”, come è stato definito, che puntava a massimizzare i profitti e a superare l’attuale governo del calcio europeo e nazionale. L’operazione, come è noto, si è sgonfiata nel volgere di 48 ore e ha lasciato sul campo tanti feriti. A parte la figuraccia dei dirigenti dei grandi club coinvolti, soprattutto restano i bilanci malmessi delle società (per centinaia di milioni di euro) e la consapevolezza che il sistema calcio sembra aver imboccato una fase nuova nella quale il tema della sostenibilità finanziaria avrà un peso sempre più decisivo. Ma ciò che più sorprende dello psicodramma collettivo nel quale si sono mossi tanti attori così diversi, è la sorprendente reazione popolare al tentativo di rivoluzionare lo sport più amato al mondo. Per quale buona ragione, per quale valore condiviso, contro quale minaccia, sapremmo trovare la forza per contrastare progetti egemonici?