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Spazi di carità nella terra dei cedri

L'intervista a Don Leonardo di Mauro, responsabile dei servizi per interventi caritativi a favore del terzo mondo della Cei, in Libano per visitare alcune opere finanziate

Spazi di carità nella terra dei cedri

Don Leonardo Di Mauro della diocesi di San Severo in Puglia è sacerdote da quasi trent’anni e per dieci anni è stato missionario Fidei donum in Benin. Da quattro anni, è responsabile dei servizi per interventi caritativi a favore del terzo mondo della Cei. Lo abbiamo intervistato durante il viaggio in Libano che ci ha portato a scoprire alcuni dei progetti sostenuti dalla Chiesa Italiana, grazie ai fondi dell’8xmille.

Cominciamo con l’inquadrare i possibili beneficiari. Quali sono i paesi del terzo mondo?

Noi ci riferiamo alla lista dell’Ocse che divide i paesi in base al reddito, privilegiando quelli a basso o medio reddito. Si tratta di un centinaio di paesi tra Africa, Asia, America Latina, paesi del Medio Oriente e alcuni dell’Europa dell’Est fuori dall’Unione Europea.

È necessaria la presenza di cattolici?

Non è necessaria la presenza di cattolici, ma, di fatto, diventa quasi inevitabile, visto che i progetti devono essere accompagnati dalla lettera del vescovo locale o dalla conferenza episcopale. I progetti sono, quindi, per tutti, ma devono avere l’avallo della conferenza episcopale.

Quali sono le tipologie di progetti ammissibili?

Sono diverse. Innanzitutto, riguardano il campo sociale: alfabetizzazione, scolarizzazione a tutti i livelli: dall’asilo all’università. Poi abbiamo la salute, l’agricoltura, l’artigianato locale e la formazione all’imprenditoria. A questi vanno aggiunti i progetti per la promozione della donna e la difesa delle minoranze etniche e, non per ultime, le comunicazioni sociali.

Come ci si candida per ricevere il sostegno e qual è il tetto massimo?

Non esiste un tetto massimo da richiedere. Tutto dipende dal progetto. I soggetti che possono presentare i progetti sono prioritariamente le diocesi e le conferenze episcopali, oppure le Ong e le Caritas. Basta scaricare il materiale dal nostro sito internet dove si trova il regolamento (in cinque lingue), la guida per presentare i progetti e tutto il necessario per presentare la rendicontazione di tutto.

Lei ha avuto una lunga esperienza in Africa come missionario Fidei donum in Benin? Quali sono secondo lei gli interventi più urgenti?

La priorità resta sempre quella dell’educazione sulla quale, infatti, facciamo molti investimenti. Senza l’educazione non c’è futuro, non c’è sviluppo. Promuovere lo sviluppo delle persone e delle comunità è la parte più importante, direi fondamentale. Pensiamo all’alfabetizzazione e alla scolarizzazione. Diventano la base di ogni tipo di progetto. È importante, infatti, sottolineare che senza l’aiuto della Chiesa Cattolica, in tanti posti sperduti dove i governi fanno fatica ad arrivare, non ci sarebbe il minimo progetto di alfabetizzazione o la costruzione di scuole e piccoli ospedali.

Perché la Chiesa sostiene i paesi poveri?

Prima di tutto perché ce lo “impone” il Vangelo. Dobbiamo essere solidali con chi è meno fortunato di noi. La Chiesa riceve dall’8xmille degli italiani circa 1 miliardo e ogni anno decide di destinare quasi il 10% a paesi che ne hanno bisogno. Quindi, 85 milioni l’anno vengono destinati a progetti di formazione e sviluppo. La Chiesa non vuole tenere solo per sè quello che riceve generosamente dagli italiani, ma condividerlo con i paesi e le Chiese sorelle che sono nel bisogno.

Restringiamo il campo al Libano nel quale ci siamo recati la settimana scorsa per visitare alcuni dei progetti finanziati. Quanti sono in totale?

A partire dal 2013, cioè da quando mi occupo di questo servizio, sono stati finanziati ben 17 progetti per un ammontare di circa 5milioni e 600mila euro.

Da quando la Chiesa investe nei paesi del terzo mondo?

A partire dal rinnovo del concordato, nel 1984. Si è pensato, fin da subito, di investire parte di queste risorse provenienti dall’8xmille ai paesi poveri. Così, a partire dal 1990, si è strutturato questo servizio che inizialmente dedicava circa 50 milioni di euro. Cifra che è sempre cresciuta fino ad arrivare agli 85 milioni del 2016.

Come avvengono i controlli sui progetti finanziati?

Innanzitutto, ogni progetto è monitorato amministrativamente attraverso i rendiconti che devono essere accompagnati da fotografie, fatturazione e tutto quanto è necessario ad accertare la realizzazione del progetto. Il finanziamento viene fatto comunque a rate e quella successiva non viene inviata, se non prima di aver approvato la rendicontazione precedente. Poi, per alcuni, a campione, facciamo anche delle visite, recandoci sul posto. Sarebbe impossibile visitarli tutti, perché si tratta di circa 750 progetti all’anno, ma facciamo in modo di verificare tutto in maniera puntuale.

Perché è importante visitarli, raccontarli e farlo bene?

Lo è perché questo permette agli italiani che ancora hanno fiducia nella Chiesa Cattolica di mostrare dove va a finire una parte importante di questi soldi. Quindi, raccontare bene è importante per far vedere realmente come i soldi dell’8xmille della Chiesa Cattolica diventano uno strumento concreto di carità.

Tra gli ultimi progetti presentati quale potrebbe essere uno quelli più rappresentativi?

È difficile scegliere perché sono davvero tanti e spaziano da piccoli progetti di poche decine di migliaia di euro a piccoli ospedali o facoltà universitarie per milioni di euro. Ultimamente, però, per restare legati a un tema attuale: quello dei migranti, abbiamo finanziato un progetto importante in Etiopia che consiste nella formazione e sensibilizzazione delle persone, affinché non cadano nella tratta degli esseri umani. Il progetto, partito due anni fa, si chiuderà a dicembre e io stesso andrò lì per la fase finale.

Allegato: 14_ 30 novembre.pdf (2,97 MB)
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