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Vedere l'altro, vedere la Shoah

La mostra ospitata nella parrocchia di Santa Teresa a Cosenza.

Vedere l'altro, vedere la Shoah

Ha fatto tappa a Cosenza nella  parrocchia di Santa Teresa del Bambin Gesù , dal  21 al 28 maggio  2017 la mostra fotografica “Vedere l’altro Vedere la Shoah” voluta  dal parroco  don Dario De Paola e curata per la parte cattolica da suor Pia Morimanno e per la parte della Rete Universitaria della Memoria  e dell'Università della Calabria da Alessandra Carelli. La mostra , fa capo al progetto omonimo nato nel 2009  nell’università di Arcavacata . Diverse oramai le edizioni che si sono susseguite e che dalla sesta edizione, si avvalgono di un prestigioso comitato scientifico , composto da  Rita Borioni (RAI Radiotelevisione Italiana), Giorgia Calò (Comunità Ebraica di Roma), Lorenzo Canova (Università del Molise), Alessandra Carelli (Università della Calabria), Paolo Coen (Università degli Studi di Teramo), Gabriele D’Autilia (Università degli Studi di Teramo), Guerino D’Ignazio (Università della Calabria), Donata Levi (Università di Udine) e Raffaella Morselli (Università degli Studi di Teramo). 

Un seguitissimo  momento di presentazione e confronto , si è tenuto poi nella sala Sironi della stessa chiesa , giorno 23 maggio . In questa ,è toccato a  suor Pia Morimanno spiegare le peculiarità, il contesto  e le diverse tappe della mostra .  Alessandra Carelli ,ha poi  illustrato e commentato i singoli  scatti , precisando che  la mostra è parte di un impegno costante ,nato nell’ ateneo calabrese alla fine del primo decennio  del nuovo secolo ,quando   Paolo Coen, ricercatore in storia dell'arte moderna , percepì  Il bisogno di una Rete , che unisse le energie positive dei docenti che volevano   approfondire lo studio e l'insegnamento della Shoah. Così il progetto ,fu presentato alla Camera dei Deputati alla presenza dell’allora presidente  Fini e del ministro dell’Istruzione Profumo  . Furono numerosi gli atenei e  i docenti che, dalla prima ora,  vi aderirono . Fino ad allora  solo dieci università italiane proponevano iniziative per  la  Giornata della Memoria ed in alcune, come in quella di Teramo, finanche si annidava un timido  orientamento negazionista che culminò nella contestatissima lezione  del professor Claudio Moffa. Partiva dunque dalla Calabria lo strumento per non dimenticare, con un proposito di impegno comune che sollecitava i docenti all’attenzione verso l’orrore della Shoah. Orrore che il territorio cosentino conosce bene per aver ospitato l’unico campo di concentramento ,costruito in Italia ad hoc per i nemici del fascismo, quello di Ferramonti di Tarsia , che fu attivo  dal settembre del 1940 al settembre del 1943 e chiuso definitivamente nel dicembre del 1945. E dell’orrore ancora vivo della shoah , tanto d’avvertirlo ancora  sulla  pelle, ha parlato   nell’incontro ,Roque Pugliese ,  consigliere e referente   della Comunità Ebraica di Napoli per la Calabria . Visibilmente emozionato , ha mostrato la copia del Corriere della Sera sulla quale a grandi lettere  si annunciavano le  leggi razziali. Leggi di uomini e discriminatorie verso altri uomini . Dello stesso segno l’intervento di  don Dario De Paola, che  citando Paolo IV, ha ricordato che l’uomo può anche costruire  un mondo senza Dio, ma un mondo senza Dio, sarà sempre un mondo contro l’uomo.  

E come guardare agli scatti, in bianco e nero e a colori, proposti dalla mostra “Vedere l’altro Vedere la Shoah”, senza pensare alla forza delle immagini, al suo persuasivo raccontare, all’attualità del messaggio, a volte scomodo,  testimoniato  dalla memoria  e dal moderno rifiorire dell’umana perfidia.Le foto raccontano dei campi di concentramento , di uomini e donne visti   attraverso le recinzioni, dei tristi, binari per poi attualizzarsi e parlare dei novelli campi per migranti , dei loro traviati viaggi della disperazione ,di volti mesti , mani vissute ma anche di quotidiana indifferenza e stati di bisogno .   Scatti preziosi dunque e complementari   alla mole di lavoro che la   Rete Universitaria della Memoria porta avanti da quando il suo ideatore, Paolo Cohen, l’ha concepita non esclusiva, lontana dal messaggio retorico, rivolta al fare e non coercitiva, poiché, senza imporli, propone preziosi modelli. 

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