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Il "giallo" della firma sulla bulla del profeta Isaia

Mazar: l'archeologa israelita ha rinvenuto negli scavi dell'Ophel una bulla attribuibile al profeta e consigliere di re Ezechia

Iscrizione sigillare (bulla) attribuibile al profeta Isaia

L’archeologa Eilat Mazar dell’Università Ebraica di Gerusalemme, nipote di Benjamin Mazar, il grande pioniere che alla metà del ‘900 condusse studi su campo a Gerusalemme, ha di recente annunciato seppure con le dovute cautele, in un articolo pubblicato dalla Biblical Archaeology Review, di avere trovato nell’area di scavo dell’Ophel (2009), presso la parte meridionale del Muro del Pianto, una bulla in argilla (non un sigillo, ma un’impressione sigillare) con la scritta “di proprietà del profeta Isaia”.

Il reperto è stato trovato in un’area accanto ai resti di un muro dell’epoca di re Salomone, che doveva essere ancora parte di un palazzo ai tempi di Ezechia, re del Regno di Giuda al tempo di Isaia (VIII sec. a. C.). Nella bulla si leggerebbe la “firma” del profeta Isaia. Il piccolo “reperto tascabile”, però, presenta delle oggettive difficoltà d’analisi ai fini di una certa attribuzione: per via della misura (circa 1 cm) e soprattutto per il pessimo stato di conservazione, che consente anche al più esperto paleografo di lingue semitiche, di muoversi solo sul piano di ipotesi. E seppure la scoperta è giudicata dai più sensazionalista, tuttavia, attrae la nostra curiosità perché nel caso in cui emergesse una comprova, di fatto, la bulla diverrebbe testimonianza dell’esistenza fisica del personaggio biblico e avvalorerebbe le evidenze sul suo ruolo nevralgico alla corte di Ezechia.

La paternità isaiana e la stessa datazione della Mazar sono state contestate da altri archeologi israeliani e in generale, da parte della comunità scientifica mondiale. La bulla è stata rinvenuta in una fossa dell'età del ferro, infatti, assieme a un ricco ‘bottino’ di reperti analoghi (34) databili tra il 1200 a. C. e la distruzione di Gerusalemme nel 586 a. C.  Sulla bulla è impressa un’iscrizione in ebraico con nome Isaia (Yesha’yah[u]) seguito, forse, dalla parola “nvy” (profeta).

Ma essendo l'impressione sigillare danneggiata proprio in corrispondenza della parola “nvy”, l’archeologa suggerisce che essa potrebbe contenere dell’altro. Se a seguito di “nvy” era presente la lettera “aleph”, il risultato sarebbe il termine “ profeta” e dunque sarebbe possibile che la bulla riportasse la dicitura “di proprietà del profeta Isaia”. Per quanto suggestiva l’ipotesi, la stessa Mazar ammette la presenza di alcuni “ostacoli” riguardanti la parola “nvy”.

Christopher Rollston, docente di Lingue semitiche alla George Washington University, evidenzia le criticità dall’interpretazione di “nvy”, ritenendo che la lettera “aleph” è di fondamentale importanza per confermare che la seconda parola dell’iscrizione è “profeta”. Molti studiosi osservano, inoltre, che manca un altro elemento fondamentale per accettare la paternità della bulla: l’articolo determinativo “h”. Come è noto agli esperti di lingue semitiche, nei riferimenti biblici i titoli sono preceduti dal determinativo: si troverebbe, quindi, “il profeta Isaia”.

In sintesi se l’iscrizione fosse davvero riferita al “profeta Isaia” dovrebbe essere preceduta anche da ‘il’. Solo le future scoperte potranno restituire evidenze scientifiche, le quali ci aiuteranno a risolvere il “giallo” della pseudo bulla di Isaia, liberando le ipotesi date da sensazionalismo, a volte, di matrice politica-nazionalistico.

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