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La scienza ci rivela ...principi di connettività

Una scoperta delle neuroscienze potrebbe portare a interventi terapeutici o educativi personalizzati.

La scienza ci rivela ...principi di connettività

Ed ecco che un’altra importante scoperta scientifica ci “inchioda” alla nostra unicità irripetibile! Questa volta tocca al nostro cervello. Un recente studio - pubblicato sulla rivista “Nature Neuroscience” - condotto da alcuni ricercatori della Yale University di New Haven, nel Connecticut, coordinati da Emily Finn, dimostra infatti che lo schema delle connessioni funzionali cerebrali è unico per ognuno di noi, e potrebbe quindi essere usato per identificare una persona, proprio come si fa con le impronte digitali.
Queste connessioni servono a collegare i neuroni che formano la corteccia cerebrale o ad altri neuroni situati in altre aree della corteccia stessa (connessioni cortico-corticali), oppure a neuroni situati nelle strutture più interne dell’encefalo, come il talamo, il cervelletto o i nuclei della base (connessioni cortico-sottocorticali). La maggior parte di esse (circa il 75%) appartengono al primo tipo.
Basandosi sui risultati di scansioni di risonanza magnetica funzionale, i ricercatori della Yale University sono dunque giunti all’innovativa scoperta che l’organizzazione funzionale del cervello varia tra individui. Essi hanno inoltre potuto dimostrare che i profili di connettività sono correlati alle capacità intellettive individuali.
In genere, le ricerche nel campo delle neuroscienze di solito si concentrano sull’analisi di schemi di attivazione cerebrale rilevati in diversi gruppi di soggetti e in specifici contesti. Ma il confronto di due o più gruppi, finora, ha sempre ignorato l’esistenza di differenze individuali nell’attività cerebrale, cioè il fatto che, in uno stesso compito, due persone possono attivare schemi di connessioni diversi. La scoperta di Finn e colleghi, dunque, muta gli scenari interpretativi e apre la via ad ulteriori sviluppi. Ma è proprio vero che il profilo di connessioni di una persona è sufficientemente stabile da essere distinguibile da quello di chiunque altro? Per rispondere a questo quesito, g li autori hanno analizzato le scansioni di risonanza magnetica funzionale di 126 soggetti che hanno partecipato allo Human Connectome Project, un’iniziativa internazionale che raccoglie dati sui circuiti neuronali del cervello umano. Per ciascun soggetto esaminato, quindi, il team di ricercatori coordinati da Finn, ha potuto elaborare un profilo di connettività, sulla base dei risultati raccolti in sei diverse sessioni di “imaging” (diagnostica per immagini), due delle quali effettuate con il soggetto a riposo e le altre mentre si cimentava in test emotivi, motori, linguistici o di memoria di lavoro.
Dall’analisi dei dati, è emersa la possibilità d’identificare i soggetti nelle diverse sessioni, il che dimostra l’esistenza di un complessivo profilo di connessione “proprio” a ciascun individuo. Dal punto di vista anatomo-funzionale, gli schemi di connettività erano distribuiti in tutto il cervello, ma i tratti più caratteristici erano concentrati nei lobi frontali, parietali e temporali, tipicamente associati al controllo cognitivo.
Come già accennato, gli autori della ricerca hanno anche scoperto che i profili di connettività erano predittivi del grado d’intelligenza “fluida” degli stessi soggetti, vale a dire della misura della capacità di ragionamento e “problem solving” di fronte a situazioni nuove, indipendentemente dalle conoscenze acquisite.
In definitiva, i risultati dello studio indicano la possibilità d’individuare specifici “marcatori” di connettività cerebrale, che in futuro potrebbero essere utilizzati, ad esempio, per pianificare interventi terapeutici o educativi personalizzati. Attendiamo dunque con fiducia gli sviluppi concreti di questa interessante scoperta delle neuroscienze.

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